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to, ora quasi deserto e incolto; la città del Rio de Janeiro non contava ancora mezzo secolo, da che era stata fondata, e l’incivilimento non avea per anco avuto tempo di penetrare nell’interno del paese.
Ma fin d’allora vedeasi sulla sponda destra del fiume una casa larga e spaziosa, costrutta sopra un’altura e proletta d’ogni lato da una muraglia di roccia tagliata a picco.
Lo spianato, su cui posava l’edifizio, avea la forma d’un semicerchio irregolare, che occupava, a dir molto, settanta braccia quadrate: dalla parte di tramontana eravi una specie di scala di vivo sasso, fatta per metà dalla natura e per metà dall’arte.
Scendendo due o tre dei larghi gradini di questa scala, incontravasi un ponte di legno, saldamente costrutto sopra una spaccatura larga o profonda, che si apriva nella roccia.
Continuando a discendere, giungevasi in riva al fiume, che si curvava in un seno grazioso, ombreggiato dalle grandi gameleire e dagli angelini crescenti lungo le sponde.
Anche qui l’industria dell’uomo si era giovata abilmente della natura per crear mezzi di sicurezza e di difesa.
Dall’uno e dall’altro lato della scala partivano due filari di alberi, che allargandosi gradatamente andavano a chiudere quasi fra due bracci il seno del fiume; tra i fusti degli alberi cresceva un’alta siepe di piante spinose, che rendea quella piccola valle impenetrabile.