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nelle mani di don Antonio de Mariz. Per saperlo, occorre soltanto che il fidalgo rompa i suggelli di cera nera, con che mastro Garzia Ferreira, notaio del Rio de Janeiro, la chiuse nel tempo del mio penultimo viaggio.

Loredano pronunciò queste parole colla massima calma, contemplando i due avventurieri pallidi e umiliati avanti di sè.

Scorse alcun tempo in silenzio.

— Ben lo vedete, disse Loredano, che siete nelle mie mani; ciò vi serva d’esempio. Ogni volta che si pose il piè sovra il precipizio, amici, fa di mestieri camminare sulla sua sommità per non sdrucciolare e rovinare al fondo. Andiamo dunque innanzi. Di una sola cosa vi avverto; d’oggi in avanti obbedienza cieca e passiva!

I due avventurieri non dissero verbo; ma la loro attitudine rispondea meglio di mille proteste.

— Ora lasciate quella ciera triste e costernata. Sono vivo: e don Antonio è un vero fidalgo, incapace di aprire un testamento. Pigliate speranza, confidate in me; che in breve giungeremo alla meta.

La fisonomia di Bento Simoes rianimossi.

— Almeno parlate chiaro una volta: interruppe Ruy Soeiro.

— Non qui: seguitemi; che vi condurrò in luogo ove potremo conversare a nostro piacere.

— Aspettate, riprese Bento Simoes; anzitutto