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— XIII — |
veste tanto gaia e leggiadra a’ suoi pensieri, non avrebbe che a badare a quanto scrive egli stesso nella seconda parte del suo libro.
“Chi conosce la vegetazione della nostra terra dalla parassita sensitiva fino al cedro gigante; chi nel regno animale scende dalla tigre e dal tapir, simboli della ferocia e della forza, fino al leggiadro baciafiore (colibri) e all’insetto dorato; chi guarda il nostro cielo, che passa dal più puro azzurro a quei riflessi bronzati che annunziano i grandi uragani; chi sa che sotto la verde lanugine dell’erba o lo smalto dei fiori, che coprono le nostre campagne, strisciano migliaia di rettili che recano la morte in un atomo di veleno; chi vede quel medesimo suolo, che produce l’oro e l’argento al pari del ferro, dello zinco e del rame; il diamante, lo smeraldo ed il zaffiro al pari del salnitro, dello zolfo e del carbon minerale; deve comprenderci.
Infatti che cosa esprime quella catena, che lega i due estremi di tutto ciò che costituisce la vita? Che vuol dire la forza nel colmo della sua potenza, alleata alla fragilità in tutta la sua delicatezza; la bellezza nella sua grazia, che succede ai drammi terribili degli elementi e ai mostri che spaventano; la