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— XI — |
buone genti di campagna, che alle fiumane troppo grosse e troppo torbe alzano qua e là un argine o una palafitta, per impedire che la corrente se ne porti via i loro campi colle case e i seminati che vi sono sopra. E questo può fare in alcuna parte il libro che abbiamo alle mani. Ivi l’uomo non è preso in astratto, secondo il vezzo corrente di molti romanzieri, ma con tutte quelle qualità acquisite, che sono il risultato dell’educazione, dell’esperienza e del costante conato dello spirito, onde poi scaturisce la sua personalità, e il grado corrispondente nella gerarchia dell’ordine sociale; e tra il vizio e la virtù, tra gl’istinti buoni e malvagi, tra lo strano ed il giudizioso, l’inverosimile ed il naturale è fatta una distinzione sì chiara e precisa, che i suoi personaggi potrebbero di netto essere portati ad operare nella vita pratica senza il minimo turbamento od inconveniente.
Tutto all’opposto di tanti eroi dei moderni romanzi, che se si vestissero un tratto di polpe e d’ossa, e fossero abilitati a fare al loro modo le loro faccende in società, ci apparirebbero, per gli strani modi che hanno in uso, più presto gente di un altro mondo, che del nostro; e darebbero di sè spettacolo non altrimenti che quelle bestie selvatiche, e di