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si mostra pur sempre tanto casta e pura, che non ci avrebbe che ridire la più schiva e ascetica monachella d’un chiostro?
Questo romanzo, che ci sembra pregevolissimo non tanto nelle singole parti, quanto nel suo insieme; cioè nell’orditura della favola varia ad un tempo e naturale, nello svolgersi delle passioni semplice e a gradi, nel loro contrasto sempre vivo e pieno d’interesse, nella risoluzione degli avvenimenti inaspettata e assai verosimile e via discorrendo; ci sembra anche un buon antidoto contro quei tanti romanzi forestieri, che fanno parlare, sentenziare e operare i loro personaggi secondo le norme di una società, che potrà forse chiamarsi oltremontana, ma non certamente italiana. Qui da noi coloro che volessero trarre da quei numerosi romanzi documenti al loro vivere giornaliero, ci riuscirebbero altrettanti Donchisciotti, che vanno in busca di mulini a vento, di elmi incantati e di castellane alla Maritornes. E poichè il vezzo di corrompere in questo modo il retto senso delle moltitudini, e crear speranze, desiderii e bisogni senza obbietto corrispondente, ha vista di non voler cessare sì presto, ed è pur forza lasciar correre le acque per la loro china, altro non resta che di fare come quelle