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— IX —

sè stesso tanto nella prospera, che nell’avversa fortuna; giusto estimatore delle opere e dei meriti altrui, nella sua austerita capace dei più delicati sentimenti del cuore, talchè si palesa ad un tempo e marito affettuoso e padre tenerissimo e benefattore zelantissimo de’ suoi soggetti. L’animo commosso al mite e savio impero di quest’uomo ci porta involontariamente a cercare dal mondo della fantasia in quello della realtà alcun modello che lo pareggi, o per lo meno gli s’accosti da presso; ma ohimè, che ben presto ci accorgiamo che queste altro non sono che fantasticherie di poeti!

Cecilia poi, quest’ingenua, gaia e leggiadra fanciulla, è una creatura tanto gentile, tanto graziosa, che par formata di quelle materie sottili, eteree, trasparenti, che per la loro leggerezza stanno sempre librate nell’aria, quasi paventino di venir macchiate dai vapori densi e foschi, che s’innalzano dalle limacciose valli. L’autore ha fatto bene di congedar dalla terra quest’apparizione celeste, mettendola sul dorso di un furioso elemento, che par voglia occupare le sedi dell’infinito.

Che direm d’Isabella, l’infelice e sventurata amante, se non che la sua passione, non ostante l’ardentissimo fuoco ond’è ripiena,