Lasciò immortale; e quello spiro forse
Dopo mille animando anni le forme
Non amate di Saffo, a Mitilene
Tanta fruttò malinconía di carmi.
Ma la vendetta vigile dei Numi
Perseguì quella gente, in sin che il grembo
De la terra natal la sacra testa
Del poeta non ebbe. E corse fama,
Che gli usignoli che mettean lor nido
Sul gruppo d’olmi a quell’avel custodi,
Strano canto mandassero per l’erte
Selve dell’Emo, eccitator di forti
Proponimenti, ed ai tiranni amaro.
Veggo la forza rotear la clava
Sopra i popoli curvi; e la feconda
Lotta immortal fra la sudante plebe
E il patrizio guerriero. Antiche genti
Arano serve i campi dei lor padri,
Mentre le mèssi ne raccolgon poche
Famiglie nove di stranier rapaci.
Non v’à burrone ove non sorga un grigio
Castel difeso da sinistre torri,
Dove sventola ai merli il vïolento
Vessil de la conquista; e a far temuto
Il diritto crudel, dai circostanti
Alberi al vento oscillano deformi
Salme di appesi, Nei soggetti piani
Nasce al dolor, vive agli stenti, e muore
Uno squallido volgo irrequïeto
Sempre ed irriso, che talor sui solchi
Nell’ira inseminati agita i macri
Tendini a sfida, e col selvaggio erompe