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le prime storie. 57

Questa ingenita brama ed indomata
Non d’allettare ingenerosi sonni,
Ma di pugnar anch’io le mie battaglie
Con la spada del canto. Oh! mi sia dato
Tanto di vita e di quest’arte mia,
Che un dì si possa dir sul mio ferètro:
"Ella fe’ batter nobilmente il core
Di santi sdegni, e confortò di speme
La mesta gioventù de la sua terra."

     Rapir mi sento ne lo incerto e fresco
Mattin del tempo; e vedo intra la verde
Primavera del mondo assüefatto
A gli Angeli, sorridere l’idillio
Patrïarcale; e sotto l’ampia quercia
D’ombra a le tende liberal, sedersi
I vïator del paradiso, e all’uomo,
Come ad amico porgere la mano,
Che avea pugnato ne’ remoti giorni
Contra Sàtana, e vinto: e su la sera
Movere gruppi di fanciulle uscite
A coglier acqua da le fonti, dove
I primi udian propositi di nozze
Da pastori stranier, ch’ivi le mandre
Traeano a beverar. Veggo una furia
Di cacciatori, l’inguine coperti
D’ispide pelli, scorrazzar pel fitto
De le vergini selve, e scoter l’eco
Con fiere urla e col suon de la faretra,
Sfidatori di Dio. Ma se ruina
La folgore improvvisa, esterrefatti
Ire per gli antri a consultar le scarne
Incantatrici ed intristir di rozze