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56 le prime storie.

Il tesor degli antichi avi perduto,
E il crebbe. Ed ahi! sovente a le tragedie
De la sua terra l’italo scorato,
Com’ebbe ai campi del pensier commessa
La trovata semenza, ivi sedette
Indifferente, e a lo straniero ingrato
De le raccolte abbandonò la gloria.

     Musa d’un vecchio popolo, nei giorni
Stanchi di lunga servitude io nacqui
D’una progenie ch’espïato à molto
E molto pianto. E a me l’ambrosio dito
Non tessea de le Grazie una ghirlanda
Di lauro; ma col fior di passïone
Sino dai giovanili anni la fronte
M’ombreggiaron le Parche, e vissi ignota
A la dolce mia terra. Oh! fortunate
Le mie sorelle, che cantâr sull’alba
Eroica d’una gente! A lor in sorte
Toccaron gli estri vergini e la casta
Ingenuità de la natía favella;
E riverito usciva il facil carme
Da le valide corde. A me speranze
Torbide d’ira e fremiti senili;
A me fucate fantasíe vestite
D’arte caduca. Onde or che a vol pel fiume
De la Storia risalgo, invan dell’estro
Mando i pallidi lampi a illuminarmi
Quelle funebri valli, e a ricomporsi
Invan le inaridite ossa scongiuro;
Poi che queste del dubbio età beffarde
Ànno spenta la fede, e nel pöeta
Il profeta morì. Pure a me giovi