Tinti di croco; ed agita le foglie
Del candor de la luna una mimosa
E il sacro asilo di soavi essenze
La vaniglia profuma. Una severa
Malinconia possiede il sepolcreto.
Volgono già più di cent’anni, e dopo
Stragi ed esigli, e disuguali pugne,
Qui, perseguite da una gente atroce,
Si ricovraron le reliquie afflitte
Dei magnanimi Aturi; e quivi or tutti
Posano ne le loro urne di palma.
Per l’ampia soglia orïental che allegra
D’aure vivaci la città funèbre,
La cortesia de le nascenti stelle
Manda un raggio, sottil lampada eterna,
A consolarne le deserte chiostre;
E l’Orenoco rugge ai trapassati
Le selvaggie armoníe. Ma quando il capo
Sotto la moribonda ala riposi
Quel domestico augello, allor col suo
Canto supremo sarà spenta in terra
D’una lingua di eroi l’ultima voce.
Quanti popoli fûro? Ove la stampa
Dei loro passi? Ove i funerei campi
Del lor riposo? Va’, chiedi alle nubi
Quante saëtte a lor maturi il grembo:
E quando fia che le dardeggin, chiedi
Qual via per lo insolcato aere terranno.
Eglino fûro. Come il fato oscuri,
Sempre da una segreta ansia agitati,
Sempre in attesa di promesse arcane,
Insci del Dio che li premea, rivolti