Chè questa patria assai per le altrui colpe
E per le sue sofferse. Attendi e canta.
E se mai qualche impura ala di strige
Ti striscia il crine, e sventola sull’arpa;
Se col lamento di sue tristi note
Vola per gli olmi il cuculo e ti beffa;
L’inno prosegui. Dai patenti prati
Le farfallette luminose a nembi
Accorreranno a rischiararti il corso
De le armoniche dita.
E la divina
Così cantò:
Con immortal vicenda
Uno Spirito arcano agita e caccia7
Via per le terre e il cerchio ampio dei mari
La irrequïeta umanitade. Ed ella
Giovine di seimila anni s’avvia
Ancor, come feconda arca di vita,
Sovra il mare dei tempi a una beata
Terra promessa che non giunge mai.
All’alba del creato uno dei primi
Soli sorgeva a illuminar l’umana
Pupilla, che conosce, unica, il pianto,
Quando in pria cominciò l’avventuroso
Pellegrinaggio.
Un giovinetto ai lembi
Mestamente sedea del paradiso
Da sua madre perduto; era solingo
D’accanto un’ara, e Abele era il suo nome;
Di lontano ei vedea l’ultime cime
Dei felici palmeti, ed al passaggio
De le penne d’un angelo agitarsi
I padiglioni di conserte liane,