Di sotto a cespi d’odorosa menta,
Son le Driadi sepolte; e più non guida
Dïana al colmo de le quete notti
Le cerve invulnerabili e la biga
Di madreperla a far beati i sonni
Del pastore di Caria. E la convalle
Più non risponde a lo scoccar dei baci
Furtivi, od al sonante arco; dei veltri
Immortali al latrato, o a le plebee
Risa dei Fauni. Degli aurati lembi
De la conchiglia rorida di perle
Precipitò nei fondi oceänini
Già la nivea beltà di Galatea;
E dormono con lei l’eterno sonno
Nei loro avelli di corallo in pace
Le Nereidi obbliate. In noi ben altro
Iddio favella.
Vergine, ricordi
Quand’io varcava. con giocondo piede
Dell’infanzia la soglia? Allor non era
L’insurta Ellenia di leggiadre fole
Più novelliera, ma bensì tremende
Storie tesseva di battaglie al mondo
Plaudente. Allor d’Anacreonte il roseo
Carme, sbocciato sotto il guardo ardente
De le ionie fanciulle, abbandonato
Tacea. Ma non tacean ne le animose
Veglie d’Epiro, e per le vie d’Atene
Gli agitatori cantici di Riga.1
Misero! il teschio del gentil tradito,
Cura e sospir di tessale donzelle,
Avea le porte decorato un tempo