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un’ora della mia giovinezza. |
19 |
Quei che passâr da la profonda via,
Per lunghi giorni videro, funèbre
Vessil di sangue, il vel de la caduta
A una ginestra penzolar dall’alto;
Poscia un mattin più non fu visto; forse
Per la pietà dei miseri parenti
L’angiol custode lo rapiva in cielo.
In faccia a quella lapida una brama
Mi colse acuta di sapere il fato
Dell’eroica mia Slava; onde con fede
Animoso esclamai: “O Caterina,
Sorgi, e mi narra, tu che sai, qual cosa
Là di tremendo accade.” - Una persona
Esile, bella, pallida, vestita
Di gelsomini, si rizzò sul ponte,
E mi guardò senza pupilla e disse:
“In questo giorno di Maria nascente
Spenta posò la Vergine polacca
Nel suo ferètro di Varsavia. A in mano
Il crocefisso, lo spezzato brando
E la bandiera. - Or che ti parlo è morta.”
“No. T’inganni, o fanciulla, ella è sepolta,
Ma non è morta: un popolo non muore...”
Queste parole udii dietro le spalle
Romper da voce che sentìa di pianto;
E mi rivolsi, e te vidi, mio primo
Amore, Itala Musa: eri vestita
Di veli tricolori, e mi baciasti
La prima volta in fronte, e da quel bacio
D’improvviso sull’anima mi piovve
L’aura del canto, e un’immortal speranza.