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un’ora della mia giovinezza. |
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Da i tetri lampi de la turca luna,
Ben co’ tuoi forti principi volasti
Tu, magnanima Slava; e redentrice
Coi popoli il poeta e il sacerdote
Te salutâr. E che ti valse? — Pari
Al tapinello debitor plebeo,
Del qual le carni, chè altro non avea,
Si divideano i fërrei Quiriti;6
Le tue gesta espïasti, e lacerate
Fûr le tue membra.
Povera tradita!
Invan risorta dai materni boschi,
Dove mugge il Bisonte,7 a mille a mille
Spiccavi i rami a provveder di lance
I tuoi patrizi. E apparvero all’appello
Sacro, sull’uscio de le lor capanne
Palleggiando le falci, i tuoi coloni
Tremendi invano. E sì che nei contesi
Paduli de la Vistola. scavasti
Molta tomba al nemico: e per l’opaca
Selva de gli alni giacquer su la polve
I lïoni di Varna. E i tuoi lancieri
Fêr con le picche tentennar sul fronte
La recente corona al giovin Sire.8
Ma Dio teco non era. I padri tuoi,
Al par de’ miei, peccarono di sangue
Civile e di vendetta; e a poco a poco
Inariditi si mutâr gli allori
In ghirlande di spine ai pronipoti.
E però allor che il mio spirto correa
Per le vie di Varsavia, ivi a le porte
Le Eumenidi ruggiano; e in mezzo a’ lampi
Di lugubre eröismo, era quel grande