Stretta fra due solenni archi di mare,
La più bella si allunga in fra le belle
Penisole, che Dio, ne’ tempi antichi
Dall’abisso elevò colla sua enorme
Spina di monti, e le sue verdi chine.
Ivi nel mezzo a una tranquilla in grembo
Chiostra di colli a Dionisio sacri,
Tempestati di ville, ove il cipresso,
Che altrove piange, par che ti sorrida,
Giace Fiorenza, culla inclita un tempo
Dei Titani dell’Arte, ove il mendico
La limosina ancor lungo le vie
Col puro accento d’Allighier ti chiede.
Colà una casa in festa e di profumi
Fragrante un letto nuzïal t’aspetta
Sposa invocata. In sulla tersa soglia
Seminata di rose il nuovo padre
Si presenta esultando e a te, soave
Pellegrina d’amor, le braccia e il core
Apre benedicendo, e te regina
Della magion chiama ed onora. I servi
Con ansia accorsi al tuo venir, la mano
Inanellata e de le vesti il lembo
Ti bacian riverenti.
Ivi su quella
Soglia deposto il peritoso e mesto
Sentimento che gli orfani accompagna,
Vedrai per te rinnovellarsi, o cara,
I blandi gaudi di famiglia, i fini
Accorgimenti dell’amor, le dolci
Intimità, le delicate e sante
Confidenze del cor, che a te le Parche
Sul mattin de la vita invidïaro