Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/523


poemetto giovanile. 483

Stride una pioggia di rovente piombo.
Surse un nuvolo denso, e in quell’istante
D’affannoso silenzio, sonò l’eco
De le montagne. Un lungo urto costrinse
Le gementi galere; e la commossa
Onda levossi con le mille spume
Su le teste omicide.

                                      “All’arrembaggio!”
- Anco una pugna? Oh, non avrà il mio canto
Fastidito di sangue e di sventura;
Poi che soltanto a note di dolore
Quest’arpa mia non destinava Iddio:
Ma forse, io spero, a mantener le patrie
Speranze e l’ira, a consolar le pene
De’ miei fratelli; e intanto entro il modesto
Santuario dal cor, dove le faci
Sono i miei cari, con ignoto verso
Ella canta in segreto intimi amori.
Sai come pugni un libero coi polsi
Lividi ancora da la rea catena,
Cui sterilita la virtù del core
Non à il lungo servaggio?
                                                E tal fu orrenda
E disperata e rapida la pugna.
E allorquando il solenne arco dei cieli,
Dove sui piani di Soría s’incurva,
L’alba dipinse con la man di gigli,
Cessâr le morti, e la galea ti parve
Cimitero natante in mezzo all’acque.

     Arnalda, ove ti ascondi, o dove giaci
Defunta? Assano avidamente cerca