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478 arnalda di roca

Esercitata. E s’io ne guardo il mesto
Pallor del volto, e su la nobil fronte,
La ferita recente, se del nero
Occhio contemplo la selvaggia cura,
Ben lo ravviso. E quella fronte. io certo
Vidi una sera scolorir trafitta
In una chiesa. Oh meglio era morire!
Quanto, Nello, mutato or ti riveggio
Da quel gagliardo, che scorrea sull’alba,
Tinto di spume del corsiero ansante,
Di Nicósia le vie precipitose
Verso gli spaldi sacri! E le fanciulle
Disïando balzavano dai letti,
E affacciate al balcone avean sui labbri
Quella preghiera che improvvisa il core
Pel valoroso cavaliere e bello!
Oh meglio era il morir! Chè fu ben vile
E frutto di profondo odio il pensiero,
Che te costrinse col pudor del servo
A trascinar la tua vergine sposa
Tra le vergogne di chïoschi impuri!
Oh l’ignori la misera! Già troppa
È la sventura che le strazia il core!

     Ma perchè avvinghi il remo, e nel tuo sguardo
Si raccende la vita? — E dall’ardito
Volto, cui fiamma subita invermiglia,
Scuoti i negri capelli e intento ascolti?

     Sonò per la carena un improvviso
Commovimento, e un urlo di straniere
Favelle mescolato e di bestemmie;
Una rabbia di colpi; uno scompiglio;