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poemetto giovanile. 471

L’amarezza suprema, e le scolpite
Sembianze, e gli atti mansueti innanzi
Redían cari e tremendi: e se d’alcuna
Menda vêr lei si ricordava il core,
Quella, che parve un dì menda sì lieve,
Tornava or colpa smisurata. — Arnalda
Le sacre ossa materne, e l’insepolto
Capo del padre ripensava, e un altro
Caro morente al piè d’una colonna,
E de la patria vïolata il grido:
E cadde genuflessa, e su le labbra
La morte e la preghiera avea dei morti.
Tacevan tutte, e tu, povera folle,
Mescevi inconsapevole la tua
Danza di Cipro a la natía canzone.

     Allor s’intese da le cento prore
Dei vincitor, cui le seconde brezze
Traevano e il desío de le rapine,
Diffondersi sull’acque una festiva
Armonía di stromenti.

                                        Odela o surge,
Da non so qual divino estro rapita,
Arnalda e in tuon profetico prorompe:

     “Ite, l’avventurosa onda frangete,
Superbe navi, del trïonfo allegre;
E il sol che cade de le sue più vive
Porpore vi dipinga! Oh, di ben altra
Porpora tinte, che sarà di sangue,
Pria che ritorni vedova la selva,
Carche di morti, e fuggitive invano
E disperate in mari altri v’attendo...