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456 arnalda di roca

Pure a le tue contrade ove rïesca,
Derelitta Nicósia, il peregrino
Ancor dopo tre secoli di lutto,
Mesta i sepolcri de’ tuoi re gli additi.
Un sol ne manca: sì che invano ei chiede
Ove l’ultima tua dogal Signora
Dorma il sonno dei morti. — Oh, con le serve
Braccia tu l’ergi, dove è più deserta
Del mar la spiaggia; poich’è spenta
Ahi! sotto l’alga de le sue lagune
La tua Sultana, e del lïone alato
È spento l’antichissimo ruggito. —



CANTO III.

     Udite, solitarie anime care,
In cui celato per avversi fati
Freme de la natal terra l’amore,
Cui non è gemma di regal corona,
Che pur una di sangue inclito vinca
Nobile stilla per la patria sparsa:
Udite, anime care, ove il desío
Tolto non v’abbia di saper gli affanni
D’Arnalda lagrimevole, la musa
Povera narratrice.

                                   Ella era côlta
Da un penoso delirio. In quel dei sensi
Disordinato errar, cui la sospinge
De lo spirto l’angoscia e de le membra,