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un’ora della mia giovinezza. |
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Quando la state muore nell’autunno;
Volgea la festa di Maria nascente.
Solo, soletto, in compagnia di cari
Entusïasmi io giva cavalcando
Per una via maravigliosa. Il forte
Nome di Chiusa1 l’alpigian le impose:
Io, da quel dì, l’appello in mio linguaggio
Via de la Musa. Fra due ritte, ignude
Pareti eccelse di cinerea pietra
Serpe la strada candida, e la verde
Onda del fiume. Passa una poana
Su pel ristretto ciel: per la declive
Acqua pericolando una veloce
Zattera passa. Il loco à somiglianza
Di Termopile; e forse alcuno attende
Leonida venturo. Ivi dall’erta
Ripa si elevan tuttavia gli avanzi
D’un veneto fortino, ove sull’alto,
Con gli occhi vòlti al Brennero, l’antico
Lïon posava vigilando i moti
Dell’eterno avversario. Or su que’ sassi
Invece, stanco dal cammin, si sdraia
Il vïennese sordido gregario;
Stira le membra, del bastone esperte,
Plebeamente, e accesa l’acre foglia
Americana, guarda in vêr le pingui
Venete valli e le lombarde, e dice:
Quelli son miei poderi. Ivi tra i marmi
Frange spumando l’Adige, e il saluto
Sorrisogli da Trento, ultima gemma
Dell’Italico lembo, assiduamente