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432 arnalda di roca

Giunse a un loco romito, ove un zampillo
Gli orli imperlava d’una vasca, ed ivi
Trasse più largo e men triste il respiro,
E sui rigidi marmi inginocchiata
L’infelice pregò.

                                 V’à degl’istanti
Allor che de la vita è la miseria
Più disperata, che ti par vedere
All’improvviso illuminarsi il buio
Dell’avvenire. E sembra che una voce
Intima, arcana, udita sol dal core,
A te predíca, che le dolci cose
Cotidïane, che ti son dinanzi
Per lungo amore a te congiunte, è quella
L’ultima volta che le vedi in terra:
E le cerchi, e le noti ad una ad una,
E gli aspetti ne stampi entro la mente,
Quasi presago che verran tra poco
Giorni più tristi, che, per te lontano,
Fia ricordarle amaramente caro.

     E sì profondo a quella voce arcana
Era la bella tribolata intesa,
Con tanta pena trattenea lo sguardo
Sul vïal, su la vasca, e su la palma,
Che il Buon dell’arme e il concitato passo
D’un guerrier non udía, che, a lei venuto,
Immobile, commosso a mani giunte
La fissava adorando.

                                      Ella pregava:
«Signor, tu che ponesti in me sì grande