Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/469


poemetto giovanile. 429

Fior, che pareva avessero morendo
Lagrimato l’umor di quella conca.
Accanto ai fiori una fulminea canna
Damaschina e il fidato arco, e un lïuto
Oblïato da gli estri e da la mano
Animatrice. Su le mute corde
Stava un volume istorïato, dove
Posava un dardo a rammentar la smessa
Pagina. Era il divin libro, che primo
Scritto dall’uom, fia letto ultimo in terra:
E fra i margini d’oro e di vïola,
La meditata pagina dipinte
Porgea le mura di città battuta;
E un fluttüar di turbe entro una piazza
Tumultüando accorse, ove da un cippo
Bellissima e terribile una donna,
Da mille faci rischiarata, un teschio
Sanguinoso agitava: ed oltre i muri
Per l’ampia valle una codarda rèssa
D’anelosi fuggenti. E su la pinta
Invidïata Ebrea brillar pareva
D’una recente lagrima la perla.

     Col sen posato ad un veron che odora
Del soggetto giardin, una sembianza
Di non mortale crëatura appare:
Tacita, malinconica, distratta,
Con la man che parea nata soltanto
A le carezze, infrange le corolle
Convulsamente d’una madreselva,
Che olezzando si abbraccia a gli scolpiti
Stemmi di conte. Forse, un dì que’ molti
Serafini, che volano pei mondi