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lettera a raffaele rubattino. 413

Col dardo ai lombi?
                                     Qua dentro immortale
Ti sento, anima, sì; ma veramente
Altro di te non so: so che a me stesso
Sono un mistero: — O da la culla, ignota
E cara ospite mia, d’onde venisti? —
Qual delitto fu il tuo perchè tu fossi
Umilïata a vegetar in quattro
Fragili palmi di morente creta? —
Che sei tu? — Dove vai? — Sciolta dai sensi
Messagger’ delle idee, quali saranno
Dopo il sepolcro i tuoi pensier? Che forme
Fieno le tue ne le dimore eterne? —
T’affogherai nella infinita luce
Di Dio, oppure fiaccola distinta
Vagherai per lo immenso? — Ad altre vite
Predestinata forse in altri mondi:
Rinascerai sotto il flagel di prove
Novelle per uscir purificata
De le commesse colpe? — Oltre la tomba
Berrai l’onda letèa? — De la tua prima
Patria oblïosa, oblïerai pur questa,
Ove ài pianto ed amato, e indifferente
A le gioie e ai dolor di quei che tanto
Ti fur diletti guarderai quaggiuso
Qual chi vïaggia per città d’ignoti?
Oppur, larva amorosa, intorno ai cari
Rimasti aleggerai segretamente
A deprecare il turbine dal campo
Paterno, e il lutto da le dolci case?
E de la vita ne’ dubbiosi passi
Forse su loro scenderai nascosta
Consigliatrice sotto a vaporose