Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/452

412 in morte di donna bianca rebizzo

Ch’entri le carni. —
                                  Nulla! —
                                                    E cosa è il Nulla?

     O Raffaele, a te, cui le vigilie
Sui calcoli sagaci, e il coronato
De le imprese ardimento, a cui le navi
Venturose, che rigano di fumo
Italico le avite aure di Brama
E ombreggiano le ripe di Canopo
Seminate di tombe, anco non ànno
Fugato l’ideal santo dal core,
In verità ti dico: non è morta
Bianca, ma vive: la più nobil parte
Di lei volò dall’urna. Ove ella sia
Non dimandar, nè come sia. Lo ignoro.
Niuno lo seppe degli antichi, niuno
Dei recenti profeti. È la dimanda,
Che dai monti perpetua e da le valli,
Dall’isole e dal mar, forse da cento
Mill’anni innalza con protese braccia
Il mortal supplicando ai cieli, e i cieli
Muti restâr. Tra l’avvenire e il guardo
Del moribondo l’irrisor fantasma
Sempre del dubbio sta. Se un dì, benigno
Scese sul fango della terra un Dio,
Oh! perchè mai non à per la pietade
Di tante strazïate anime tolto
Il vel crudele del mistero; e questa
Assidüa strappato intima spina,
Che fitta in cor, pei tempi e per lo spazio
Porta ululando la progenie umana,
Quasi cerva che insanguini la selva