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408 in morte di donna bianca rebizzo

E le dicea: «T’aspetto. Impazïente
Già scalpita il cavallo della Morte;
Va’, saluta la vita; un’ora sola
Agli ultimi congedi io ti consento."
Oh! certo allor la renitente, io credo
In pianto si sciogliea. Poi ch’era tanta
La repugnanza per le elisie lande,
Ancora che d’olibano fiorenti
E d’asfodelo, che lo stesso Achille
Deiforme avría tolto essere in terra
Schiavo affamato di signore avaro,
Anzi che dominar scettrata larva
Su l’ombre vane de la morta gente.

     Poi quando avvenne, che un Divin confitto
Sopra una croce dall’ebrea vendetta
Con parola d’amore indusse il mondo,
Dall’egra signoria della materia
Affaticato, a sconfessar la bella
Religïon dei grandi avi, e l’Olimpo
Rimase un vuoto, e per le sacre selve
I fauni agonizzâro alle scontrose
Drïadi moribonde avviticchiati,
E galleggiâr sopra i flutti marini
Dell’estinte Nereidi le salme:
Quando persin le insuperate forme
Àttiche degli Iddii detronizzati
Caddero infrante dal martel geloso
Dei novelli credenti: e una gran voce
Misterïosa, che sapea di pianto
Per le mediterranee acque diffusa
Si udì gridar al colmo de le notti:
«Il gran Pane morì:» quando la morte