Di vegetar sotto il tenace sguardo
Del delator codardo, e non di meno
Fabbrica stili de le sue catene;
Irride a la commedia de le oscene
Tresche sacerdotali,
E te saetta con la sua festiva
Mordacità d’irriverenti sali.
Mira laggiuso. Innumeri leviti
Color di notte, principi vestiti
Color di sangue, urtan con piè superbo
Una plebe che à fame
Di libertà. e di pane,
Da lor cresciuta inoperosa e immonda
Accanto all’onda de le sue fontane.
Di su, di giù pel tuo tarlato trono
Inaccesso al perdono
Uno sciame d’impure
Cupidità s’arrampica, s’intreccia
Fra le tenebre, come
Usano i vermi ne le fosse scure.
Il nido abbandonato
Dall’aquile romane
Un covo è diventato
Di serpi oltramontane. —
Vecchio infelice, or guarda a la campagna.
Ella ti gira intorno
Calva, deserta, come una maligna
Fascia di solitudine e di febbri.
Un ciel di foco, un suolo di gramigna,
Un fiato d’aura immonda
Di quando in quando alcuni archi travolti
D’acquidotti senza onda:
Qualche logora tomba
Senza sepolti, uniche ombríe su prati