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canto politico. 375

Noi pur vogliam nei santuari stessi
De’ nostri avi pregar: noi pur vogliamo
Benedetti dormir come in famiglia,
Sotto i loro cipressi:
Ma ancor vogliam la intera
Patria che è nostra. Pèra
Chi lo contende. È ancor inulto e caldo
Il cenere d’Arnaldo. Oh pria sepolta
Nel buio fondo de le sue marine,
Prima coperta da le lave ardenti
De’ suoi vulcan la cara
Penisola rimanga,
Prima che un’altra volta
De le sue genti l’unità si franga!
O Pio, tu désti una pietà profonda!
Come un nocchiero che domanda aita
Sopra l’antenna d’un navil che affonda,
Da la sublime cupola del suo
Tempio con voce fioca,
Straniero eterno, Ei gli stranieri invoca.
Vede apparir sull’orizzonte i segni
Profetici del tempo
Che ai tre dannati regni
Del Tevere, del Bosforo, dell’Istro
Vanno annunziando l’ultima sventura:
Sente salir dal Vaticano un tristo
Vapor di sepoltura,
E repugnante invano
In cor si vaticina
L’ora e l’angoscie de la sua rovina.
Così non lo mertasse! —
Vecchio infelice, abbassa gli occhi, e mira
Roma là giù. Fra i ruderi s’aggira
Un popolo che freme