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canto politico. 373

Come tu fosti allora, o Pio! — Gaeta
Spense il profeta. — O misero, che fésti
Di quell’ora potente
Da crëator? Perdesti
Una mortal battaglia
Nel campo de gli spirti e de la Fede,
E i vincitor ti fêro
Espïar con afflitti anni d’offese
Lente e di vitupero
Lo splendido peccato
D’avere amato il tuo gentil paese.
Impäurito all’opra tua, credevi
Ai flutti comandar de la fatale
Umanità che sale:
«Non andrete più in là.» Ma il flutto disse:
«Dio mi prescrisse d’avanzar.» — Con l’acqua
Lustral del tempio, e con la folgor sacra
Tentasti indarno l’albero novello
Di Libertade inaridire. Il Cristo
Pianse sul monte lacrime divine
Antiveggendo il fine
Tetro e la fame e l’agonia selvaggia
De la sua terra. Invece
Tu dall’infame scoglio
Di Gaeta ridesti,
Quando vedesti ripiombar un nembo
D’armi su la tua patria e di catene.
E al tuo riedevi insanguinato soglio
Schiavo tu pur, ma allegro
Di rivederla schiava.
Da quel giorno un’amara
Discordia è sorta in ogni onesto core
Fra i sentimenti e l’ara.
Iddio non vive ove non vive amore.