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canto politico. 353

Che la ferì nel cor sotto Fiorenza,
Con funerea demenza
Si celebrò vivente
L’esequie in Vaticano.
Ella, privilegiata dei sublimi
Ardiri de la mente,
Indifferente l’anima commise
Ne le cupide man d’un sacerdote;
Il qual fra le stupende
Beltà dei monumenti, e i molli canti
Di vati senza patria, e le famose
Sculte o dipinte immagini di Santi,
Fra i balsami e le bende
Artistiche la vittima compose;
E con bugiardi omei,
Sparsevi su di Gerico le rose,
Cauto si assise sull’avel di lei
Ch’ei ben sapeva che non era morta,
Non già col sentimento
Dell’angiolo dal bianco vestimento
Per poter dire un giorno: “Ella è risorta;”
Ma per vegliarne con pupille d’Argo
L’egro letargo; il lento
Metro spïar del core;
Per soffocarne nel mistero il primo
Fremito precursore
Del suo risorgimento.
I marinai che l’àncora a que’ giorni
Calar lungo il romito
Paradiso dell’itale scogliere,
Non altro avranno udito
Uscir da la Penisola che il fioco
Salmodïar di querule preghiere