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352 canto politico.

Pugnâr, caddero, giacquero, e risorti
Ricominciâr. E i vasti cimiteri,
Ove talor sotto la stessa croce
Tinti di sangue riposâr quei morti,
Or con amara voce
Vaterloo fûr chiamati, o Cavinana;
Or con nome divino
Legnano o San Martino.

VII.

     Ma v’ebbero dei vili
Lunghi tempi servili ed impotenti
Fin di lamenti, allor che l’infelice
Italia, alfier morente
De la latina gente,
Parve spirare, e giacque
Immota ne la sua
Cinta superba di montagne ed acque.
Per una via di disonesti lutti
Fu trascinata in pria.
A le ignominie d’un Calvario novo,
Flagellata da tutti
I soldati stranier qui convenuti
Come iene a ritrovo
Di cadaveri. Poi tetre famiglie
Di Regoli affamati,
Roghi innalzando e palchi,
Con la ragion dei falchi
Si spartîr le sue mèssi e le vendemmie
E il tappeto dei prati.
Ed ella, al par del coronato Ispano