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i sette soldati. 333

Giunto del colle, mi rivolsi indietro
Vêr quella forra che rendea sembianza
D’un immenso ferètro.

XIV.

     Ormai si affretta al fine
La maledetta secolar tragedia
Fra le alemanne genti
E le genti latine.
Da le molte favelle, a cui l’astuto
Sire insegnò con dïuturna insidia
A ricambiarsi accenti
D’odio e d’invidia, è per uscire alfine
La parola d’amore.
Iddio con immortali
Caratteri di monti e di marine
À segnate le patrie. All’opra sua
Già troppo contrastarono gli avari
Discernimenti, l’ámbito, e la fame
De’ figliuoli d’Arminio. Ognun possieda
Le sue tombe, e i suoi lari. Omai son vòlte
Le settimane del divin decreto
Che per trecento afflitti anni dannava
L’Itala stirpe a schiava.
Ora è fatal, che per la terza volta
Essa la sacra fiaccola raccolga
Di civiltà fra i ruderi di Roma
Sacerdotal sepolta;
E il suo seguendo nobile destino,
Per ispirate vie,
Maestra eterna, a le sorelle apprenda