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XXIV due pagine autobiografiche

chè credo che l’arte prima di tutto sia sentimento.

Ò sempre sagrificato alla dea Indipendenza, e il mio più bel sogno sarebbe stato quello di diventare, per un istante, il poeta cesareo di questa povera regina che era la mia nazione. Peccato che non sia stato che un sogno!

Fino dai tempi antichi la Musa à perduto l’odore di santità. Nella Grecia gaudente un vecchio elegante e libertino, ricinto di fiori, profumato d’unguenti, la inebriò col suo bacio impudico, le scorciò pel primo un po’ troppo le vesti a guisa di baccante, e col calice in mano, in mezzo a un drappello di giovani maligni, se la pose sulle ginocchia, e le insegnò parole che suonano male in bocca d’una fanciulla. Io invece la tenni sempre in conto di vergine modesta; l’ò trattata come una casta sacerdotessa. Ò considerata la poesia come la perla del pensiero; che nasce anch’ella da una febbre dell’anima, come la perla da un malessere della conchiglia; chè l’acido della scurrilità o della malvagità la distrugge, come l’aceto dissolve la perla.

Vedo anch’io adesso, padre mio, che poco mi à giovato questa capricciosa verginella; poche gioie mi à dato; anzi mi fu larga di patimenti. Ma ora è troppo tardi, bisogna seguitare, dacchè sento che