Agonizzando il nobile leardo
Al trafitto soldato
Volgea lo sguardo, quasichè volesse
Chieder perdon di non lo aver salvato.
VII.
«Censo di boschi, seguitò quel pio,
Censo di ville e vastità di prati,
Dai rivoli fecondi
Dell’Ipoli solcati,3
Ereditò quel misero nascendo.
Gioia di cacce, turbine di balli,
Squittir di veltri, volo di cavalli
L’accompagnaro al novo
Affacciarsi nel mondo; ove a tardarne
Le facili procelle
Guidavanlo i materni occhi, siccome
Due domestiche stelle.
Ma poi che con insoliti rintocchi
A libertà sonò la vaticana
Mentitrice campana,
E dall’Ionio al Baltico, dal Ponto
Al mar d’Atlante un grido
Di súbita rivolta
Salì da venti popoli, comparsi
In fantastica mostra
Con armi antiche e con vessilli novi
A la fervida giostra;
Quando fûr visti rodersi ne’ passi
Scorati de la fuga
Pallidi coronati impenitenti,