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canti patrii. 285

Quasi braccia che implorino mercede
A Borea che le fiede;
Ma al termin del tiranno
Verno, poeta mio,
Le foglie torneranno;
E con le foglie i fiori, e con i fiori
Sotto l’onda, sul monte, a la pianura
I rinnovati amori
De la Natura, i pòllini scorrenti
Per le pregne di vita aure dïurne
E le fragranze e l’urne
De le eterne sementi.

III.

     Veggo le nebbie ascendere dal piano
A le pendici, simiglianti a flutti
Di candido oceáno.
Donde, siccome instabili isolette,
Emergono le vette
Dei colli a quando a quando illuminate
Dal sol che con amor vi si riposa.
E spuntano le scure
Cime del campanile
Di alcuna chiesa ne la valle ascosa,
Come tra l’onde estremità d’antenna
D’affondato navile.
Veggo il sublime dosso
Nevicato dei monti
Rimoti farsi rosso
Di fiamme a le stupende
Porpore dei tramonti,