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canti patrii. 279

Che veglia e par che dorma.
Ed io pensava a la mia terra, e al molto
Nobil sangue versato oh! non indarno;
Ed or volgea lo sguardo
Al maestoso e tardo
Inceder de la luna, ed ora al teschio
D’una povera brenna,
Quivi da le sgonfiate onde deposta
Su le sabbie lucenti:
Certo morta di stenti,
Certo in parte simile al popol mio.
O popol mio, tu fosti
Tremendo un giorno corridor di guerra:
Lo sa tutta la terra:
Ed or ti veggo trascinar le barche,
Logore dei potenti,
E de la ripa insanguinar passando
I triboli pungenti!
E mesta in quella notte
Era l’anima mia. Quando un’arcana
Voce mi parve uscir da la campagna,
Che dicesse: «Poeta, a che ti stai?
Questo è l’antico e sacro
Fiume degli avi tuoi, l’onda lustrale
Che mormora per mezzo a le ruine
De le genti latine:
È il fiume d’un’Italia
Da mille anni sepolta:
Già non è questa l’onda,
Che l’ardore quïeti alla sdegnosa
Tua Musa sitibonda.»