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272 canti patrii.

Calava a poco a poco;
Calar pareva dietro a la pendice
D’un de’ tuoi monti fertili di spade,
Niobe guerriera de le mie contrade,
Leonessa d’Italia,
Brescia grande e infelice.
Accese nuvolette di corallo
Rideano ancor per gli ampi
Spazi del cielo; ma col mesto riso
Del moribondo pio
Che accenna col sereno occhio un addio,
Movendo al paradiso.

II.

     E dal sentier che adduce
Giù da la selva io vidi
A la quieta luce
Venire una fanciulla
Pur sotto il fascio de le legne altera;
Bruna la faccia e il crine
E la pupilla nera,
Come frutto di spine.
Ella piangea. — “Dimmi l’affanno, o bella
Fanciulla, che ài nel core.”
Io le richiesi; ed ella
Risposemi: “Signore,
Ieri legato al par d’un omicida
M’ànno condotto a la prigione il padre,
Perchè lo colser là, con la sua fida
Canna che fulminava una pernice.