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264 canti patrii.


IV.

     O coraggiosa fuor di tempo nata
Come l’anima mia,
In etade gelata
Presto morrem. Ma poi che Dio c’invia,
Tu spandi i tuoi profumi,
Sia pur soltanto per l’umíl famiglia
Dell’eriche e dei dumi:
Io manderò frattanto,
Come l’arte e l’amor me lo consiglia,
Lo sterile mio canto.
Che se alcuno verrà che ti ravvisi
Tradita al molle fiato che vapora,
Svelta da un’unghia, pendola nel grembo
Di nitida fïala
E tu morrai. Meglio morir nell’ora
Che saettando cala
Giù da le gole il nembo!
Che se alcuno notasse il santo e fiero
Intendimento de le mie canzoni,
Me al guardïan straniero
Ricondurrebbe e ai tetri
Crepuscoli, e a la paglia
Di remote prigioni.
Meglio esser morto il dì della battaglia!
Gentil vïola, lo saprà il Signore
Quello che giovi o vaglia
A le arcane armonie dell’universo
Un pöeta che langue, un fior che muore,
Il tuo odore, il mio verso.