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ELEGIE.

AD UNA AMICA

inviandole le poesie di una cara defunta.


«Ossa quieta, precor, tuta requiescere in urna,
Et sit humus cineri non onerosa tuo.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Effugiunt avidos carmina sola rogos.»
Ovidio, in morte di Tibullo.



     Ella, fa un anno, ripassò con languido
Piè la riva del Po, quasi un desire
La traesse a veder la sacra Italia
                                        Pria di morire.

     Ed or giace là dentro a una funerea
Stanza, senz’arïa e senza luce alcuna,
Ella che tanto amava i campi, i fulgidi
                                        Astri e la luna,

     E il coglier fiori! Ella che amava ai rigidi
Verni la vampa di giocondo foco,
Ora il freddo la stringe! Ella sì pavida,
                                        Laggiù, in quel loco,

     E sempre sola! Io la morente all’ultime
Ore non vidi; e me ne piange il core,
Pensando pur che verso me la misera
                                        Nutría rancore: