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ore cattive. 211

E dietro lor, come giunchiglia gialle,
Larve di gelosia, ricinti i lombi
D’aspidi morti, e di trisulchi stili,
Col fronte redimito di pupille
Torbide e fisse, e rase di palpèbra,
Larve seguían di tradimenti, larve
Di rimorsi che un’eco di querele
Mettean vestiti a punte di cilicio,
Qual chi cammina e nell’andare ondeggia,
Veniva in fine sventolando i cenci
D’un abito da maschera, la ignuda
Larva dell’orgia, con in mano un franto
Calice, con un riso ebete ai labbri
Stillanti vino; e a lei dintorno errava
Un tintinnio sottile di sonagli,
Un murmure di baci e d’interrotti
Aneliti. E quell’ordine sinistro
D’incerte ombre terrori al desolato
Piano crescea. Poichè la vïatrice
Si senti così sola, e come immersa
Entro il nulla infinito, ogni splendore
Insolente del guardo, ogni alterezza
Dimise, e affranta si sedè sul fianco
D’una spezzata Sfinge. Ivi appassiti
Giù da la fronte le cascâro i fiori
De la ghirlanda: ivi perdè del magro
Dito l’anello ch’io le avea donato.
E al lembo del profondo occhio le apparve
Una stilla gelata. Io non so quanti
Minuti od anni rimanesse assisa
E diserta così; però che il tempo
Non si conta laggiù. — Per quella via
Venne passando un’amorosa coppia