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due pagine autobiografiche. XI

gentiluomo campagnuolo del Re Evandro; la quale però avea delle ore lunatiche e strane che dicea su le cose più strampalate del mondo, quasi carens mente. Tu che sai il latino, cavane il costrutto.

— Io tacqui un poco, ma siccome non gli avevo negato mai nulla, risposi: “Farò come ti piace” e misi involontariamente un sospiro.

Ma un capraio che scendea per un sentiero in mezzo al prato declive; alcune capre che venute in faccia a noi si fermavano a guardarci con occhio fisso; quella barchetta che passava sul lago come un moscerino con l’ali tese sopra un cristallo; quel profumo di Salvator Rosa che usciva da certi roveri vecchi; quell’aria di idillio virgiliano che saliva dai campi, mi rapivano l’anima, mio malgrado, nelle regioni della poesia. Una vocina di non vista persona, che avea del flauto, si prossimava cantando non so che versi paesani, finchè uscì dalla svolta del torrentello una fanciulla di sedici anni, di que’ bei sangui là, con al braccio il paniere, onde avea forse recato da mangiare a suo padre nelle vicine cave di tagliapietra. Era messa come una figurina del Zuccarelli; era gentilina e languida come una vergine del Guido. Nel passare mi volse il suo occhio ceruleo dicendo con