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184 raffaello e la fornarina.

Dal non visibil organo la Diva
Cecilia spanderà per quelle vòlte;
E ne la pompa dell’esequie il Cristo
Trasfigurato, suo lavoro e gloria
Ultima, apparirà, come lo stemma
De la più pura nobiltà che crei
A sè stesso un mortale. Ahi! che strappata
A forza da una gente senza core
A quel tuo moribondo che ti cerca,
Povera donna che lo amasti tanto,
Non lo vedrai spirar! E lungamente
Questo mondo crudel che non intende,
D’onta plebea t’insulterà. Diranno,
Che tu, il più bello dei vampiri, il sangue
Dell’angelo suggesti; e di tue braccia
Nodo di morte, e del tuo Ben gli fésti
Sepoltura precoce. Oh sprezza i vili!
Tu l’adorasti, e se per te mistero
Fu il genio suo, non fu il suo cor. L’amasti;
Nè mai fu detto che d’alcun dolore
Quel divino affliggessi. Oh sconsigliata
L’itala donna, cui fu dato in sorte
Stringersi al petto un’amorosa testa
Nata a gli allori, che la cinge invece
Di domestiche spine! A lei di contro
La Penisola sorga, e le domandi
Terribil conto del perchè la inerte
Stella non manda lume

                                          O Fornarina,
Nessun sa il lutto che dipoi confuse
Il tuo vivere in tristi ombre ravvolto.
Forse ogni sera a lo sparir del sole,