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178 raffaello e la fornarina.


     “Tra le fonti del Foglia e del Metauro,
Il peritoso giovine seguía,
È la cittade dove nato io fui,
Gemma de l’Appennino infra due monti
Sopra la china che vagheggia il mare
Adrïaco: d’allori e di vigneti
Ricca e d’ulivi e più di cortesía.
Indi fanciul discesi e poveretto:
Se non che ne l’ardente alma infinito
Un mondo avea d’immagini, di forme,
D’arte e d’amore; cosicchè per tutta
Italia io seminai le crëature
De la mia mano; e or vo pago di lieto
Censo e del grido di pittor gentile.”

     “Chïunque siate, replicò la franca
Verginella, o Signor, saper v’è d’uopo
Una mia fantasia. Se la mia vita
Fidar dovessi ad un pittor, la scelta
È già fatta dal core. Avvi un cortese
Venuto in Roma ch’io giammai non vidi;
Ma ne sentii parlar qual di potente,
Cui la Madonna visita dal cielo
Sol per farsi ritrarre: egli è da Urbino
E col nome d’un angelo si chiama...”

     “Io son quel desso, ei l’interruppe, io sono
Raffaello da Urbino.”

                                        La fanciulla
Si rifece di porpora, e si tacque.

     Veníano in quella vagolando a volo
Festivo e obbliquo due farfalle, e l’una