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raffaello e la fornarina. 175

De’ suoi dolori.
                               All’improvviso ei parve,
Che la sua mente ristringesse il volo,
Pari a colomba altissima che scenda;
E tutta nel vigor de le pupille
Fosse l’anima accolta.
                                          Una fanciulla
Vie più del tiglio flessüosa, e bella
Qual essere dovea da giovinetta
La Venere di Milo, assicurata
Ne la fidanza di non esser vista,
Folleggiando venía per il pometo
Domestico con piè di danzatrice.
Nel lieve corso ella spiccava a caso
Il sommolo dell’erbe, e l’odorose
Teste dei fiori: un libero favonio
Le avea disciolto il vel trasteverino,
Tal che simíle a Galatea pei golfi
Siculi spinta dai sospir del mare,
Pareva anch’ella che vagasse a vela
Sull’ondeggiante e folta erba del prato:
E le molli scopría nevi del collo
Intemerato, e il pomo de le spalle
Tinte di giglio. Su l’argentee spille,
Fitte al volume de le trecce nere,
Batteva il sol di Roma irradïando
Quella testa fidiaca, ove era impresso
Un sigillo di ciel, da parer cosa
Nell’angelica cella immaginata
Dal Fiesolano estatico. Cotanto
D’in su la calma de la pura fronte
Si rivelavan le innocenti idee