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due pagine autobiografiche. IX

una vela da pescatore. Più lunge i monti azzurri del bresciano, che via via digradando morivano nella guerriera città di Arnaldo, dove, un giorno, dovevo trovare tanta cortesia di ospitalità, tanta benedizione di nobili affetti. Poi, a sinistra, la vasta pianura, coi campi rigati di solchi divisi a quadretti, amabili all’agricoltore, inamabili all’artista, coi praticelli morbidi tagliati a mo’ di panno da bigliardo, coll’Adige in mezzo che non si vede ma s’indovina; coll’immenso orizzonte lontano, velato di vapori come l’idea dell’infinito.

Poche memorie avevo là in mezzo, perchè ero in sul cominciare della vita; e non sapevo che in parecchi punti di que’ monti, di quel lago, di quel piano avrei sparso lagrime amare; non sapevo che in qualche luogo laggiù avrei veduto seppellirmi persone dilette. Tutto invece in quello istante brillava; l’acqua, la terra, il cielo e l’anima mia.

Vi è mai accaduto di stare con persona, la cui indole, per lunga soave famigliarità, la sapete a mente; la quale abbenchè taccia, pur si capisce che à qualche cosa insolita a dirvi; abbenchè parli, pur si capisce che non vi dice quello che vi vorrebbe dire, e sentite che quanto v’à a dire, è cosa importante; è una di quelle parole che sono come il compendio d’un monologo rimuginato lun-