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158 le città italiane

Carnefici; e varcâr montagne e valli
Dritti vêr l’Alpe, col funereo istinto
D’un nuvolo di corvi
Ch’abbia fiutato un triduano estinto
Ed ella si sedea la moritura
Imperadrice, d’orgie insazïata
E imprevidente; e l’ultima libava
Stilla del suo falerno
In una coppa d’attica fattura
Che le porgea con fina aria di scherno
Bellissima una schiava.
Ma le fûr sopra quei feroci, e il petto
Le piagarono e il fianco,
Infin che venne manco,
E giacque. La Penisola fatale
Si converse in un lungo ordin di tombe
Da gli stranier vegliate; e fu divisa
La veste dell’uccisa.
Ma i rapitor contesero su l’urne
Con rabbie dïuturne
Düellando, e la truce
Lancia cognata si vibrar nel core:
E a la corusca luce
De le cittadi in fiamme, elli di rossa
Stroscia rigaron la romana fossa;
Così che più fecondi
Per le stragi dei nomadi assassini
Riser di mèssi i piani eridanini:
E più di pria giocondi
V’imporporaste al sangue dei nemici,
Tumidi grappi de le mie pendici.