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lettere a maria. | 153 |
Rinascere a la terra itala, e sciôrre
Rivelator di meraviglie un carme
Nobile, forte, non caduco, e novo!...
O Maria, dove sono? e chi per tanta
A spazïar serenità di cieli
Rapiva il nato dall’argilla? E pure
Sogno questo non è; non è baldanza
Di fantastico volo. Iddio, connessi
In un mistico nodo anima e polve,
Come cavallo e cavalier, li avvía
A le venture d’una corsa istessa.
E perenne è la lotta, e le cadute
Vituperose, e splendidi i trionfi.
Con la valida voce ora i galoppi
Domina il sire: con obliqui slanci
Ora il cavallo il cavalier trascina.
Passan, così congiunti, profumate
Curve di colli e selve paurose,
Squallidi stagni e fruttuosi piani
Fino a quel dì, che estenuato, esangue
Cade il corsier; e del nitrito estremo
Fa il portico sonar d’un cimitero.
Libero allora il cavalier si leva
Affacciandosi a Dio che le cadute
E le vittorie numera...
Maria,
Tu dèi saper, che ne le serve etadi,
Mazzeppa avvinto a corridor selvaggio
Dagli oppressori, sanguinando passa
Il genio, e a la dimora ultima anela.