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lettere a maria. 149

Ne le sponde custodi; altro non vedo
Che uno di monti, di deserti e d’acque
Vertiginoso rotëar sui poli.
Ed Ella intanto la fedel parente
Sazïando con semplici parole
Quel desio di saper che m’innamora,
Il crëato mi svela, e la diversa
Indole de le stelle, e ad uno ad uno
Mi spiega i cieli come cosa sua;
Qual visitando le fragranti aiuole
Del tepido verziere, una cortese
Giardiniera ti narra i tulipani
E le camelie che le edùca il sole.

     E senza posa il terso etere solco
Con la dolce compagna. E già comprendo
Perchè tanta di luce onda si versi
Su le altissime corna a le montagne
Nel bel mondo di Venere. Più lunge
Paghe contemplo d’una danza istessa
Pei domestici azzurri ire concordi
La tenue Vesta con le sue sorelle;
Figlie di madre fulminata un tempo,
Solo cognito a Dio. Veggo nell’ampio
Giove al confine de le curve lande
Il giorno tramontar velocemente,
E quattro lune illuminar le fredde
Rapidissime notti, e quattro lune
Specchiarsi a l’onda de le sue marine.
Per andamenti di più vasto giro
Privilegiato di maggior seguaci
Vedo Saturno dall’anello avvolto
Vïaggiar malinconico. Discerno