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lettere a maria. 147

Con la virtù del sentimento avresti
Più che Dio non creò? Che questa dolce
Securità di riveder mia madre
Fosse un’amara irrisïon del cielo?...
Oh no, no, madre mia! veracemente
Ci rivedremo, e ancor m’arriderai
Col tuo languido e nero occhio d’amore;
Ti narrerò di quella nostra e cara
Verginella che fu mia dolce cura
E come intatto e chiuso orto guardai.
Tu che facevi col saper del ciglio
Mansüete le nostre ire fanciulle,
Novamente accôrrai questo sdegnoso
Che partorivi con fatica tanta,
O troppo presto o troppo tardi, in mezzo
A le viltadi d’una fiacca stirpe.
Te che il fango di qui nella secura
Semplicità dell’anima sfioravi,
Vedrò, raccolta la persona bella,
Fra ’l nimbo dei beati, e tuttavia
Volonterosa del figliale amplesso.

     Oh sì, ti rivedrò! Già su le piume
Dell’estro infaticabile precorro
Al mesto fine de le mie giornate,
E mi par di morir. Già sul mio petto,
Esercitato da sì lunghe croci,
L’ultima croce sta. Niuno di tanti
Che su la terra amò, niuno l’estinte
Vela pupille al povero poeta.
Sento una gente, che non vidi mai,
Gemere un vecchio salmo; e in faccia al verde
Margo del suburbano Adige mio