Simile a donna sterile, ed arcani
Fino a sè stessi; e non vorrai, Maria,
Che trovino lassuso il compimento?
Oh! sì, l’avranno. E tu lo rivelavi,
Divo d’Atene moribondo: e allora
Già non falliva il famigliar tuo genio,
Che due volte immortal ti predicea.
Calava il sole un vespero d’autunno
Remotissimo a noi: le inseminate
Cime all’Imeto si tingean di rosa;
Con le ghirlande del ritorno in poppa
Un naviglio le azzurre onde spartía
Salutando il Pirèo; giocondi gruppi
Di verginelle ripetean sul lido
Inni de la immortale poveretta
Che a Leucade saltò; quando un acuto
Grido s’intese correre le vie:
“Socrate è morto.”
E forse, Attica bella,
Quella cicuta fu ’l maggior peccato
Che ne la immonda servitù scontasti!
E forse dopo un lungo ordin di turpi
Secoli di dolor, senza saperlo,
Col nobil sangue il martire Bozzari
Di quel tradito ti lavò la macchia!
Socrate è morto! Ma a la stirpe d’Eva
La più superba eredità lasciava
In questo ver: che l’anima non muore.
O sapïente che svelasti a noi
Un perpetuo avvenir, forse bramato