E non è mia neppur, là, in riva al fiume
La casa ove son morti.
Ahi! dopo tanta
Serenitade irruppero qui dentro
Le cento febbri dei vent’anni. Il baldo
Desío d’un nome, i rotti studi, il folle
Vaneggiare in canzoni confidate,
Siccome foglie di sibilla, al vento,
E ai delatori. Incominciâr le audaci
Idee, le notti vagabonde e i forti
Proponimenti ne le calde cene;
Ma più che spuma sul bicchier fugaci:
E al quetar dei tumulti uno scorato
Precipitar da le sognate altezze,
E ne la intiepidita anima il duro
D’una patria perduta accorgimento:
Incominciâr le ardenti ansie nei sogni
Letificati da una bella rea;
E per un breve piè, per una ciocca
Nera su i gigli d’una spalla nuda,
Quel prodigar del cor le nove e sante
Esuberanze; e l’agile vicenda
De le fedi tradite, e il pentimento.
Ahi! che allora, o Maria, nel fior del campo,
Ne l’andamento de le liete stelle,
Nel rossor dei tramonti meditati,
Ne l’eterna d’un fiume onda che passa.,
Ne la eterna che sorge alba dal colle,
Svïato il core non trovò più Dio.
Ma una pia ricordanza, un delicato
Rimpianto un dì mi trasse ad un romito